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CULTURA E SOCIETA`

INTERVISTA A DAVIDE VAN DE SFROOS. IL CANTAUTORE LAGHEE ESCE CON IL SUO NUOVO SINGOLO: `GLI SPAESATI`

Scopriamo insieme a lui chi sono `Gli spaesati` e che analogie hanno con gli artigiani di oggi

 

È uscito `Gli spaesati` ed è il primo singolo di `Maader folk`, il nuovo album di Davide Van De Sfroos, che verrà pubblicato il prossimo 17 settembre.

Siamo reduci da un tempo che ci ha fatti sentire tutti un po’ spaesati. La pandemia ha attraversato le metropoli, le periferie e i piccoli centri. Ha percorso ognuno di noi, lasciandoci smarriti, “senza sapere il codice di quello che saremo”. Ci ha resi a tratti immobili, ma sempre desiderosi di ricominciare a fare il nostro lavoro, “quello che sappiamo fare”. La canzone “Gli spaesati” riesce a tradurre in immagini poetiche, il pensiero di spaesamento che ci ha attraversato in questi lunghi mesi. E’ un inno di resilienza sociale, dedicato a chi, `facendo quello che ha sempre fatto`, si rende conto di non vivere nella nostalgia, ma di combattere

 

  1. Davide, al ritmo serrato della sua chitarra, ci regala questo testo che è molto il racconto del suo territorio laghee. È intriso di folklore e di poesia. Ma la novità è che, questa volta, ne “Gli Spaesati” riusciamo a identificarci un po’ tutti, perché reduci da un momento di “sradicamento sociale”, per citare Simon Weil, e di accelerazione del cambiamento. Ci racconti, chi sono “Gli spaesati” e che futuro hanno?

La canzone Gli spaesati è nata dopo un incontro con l’amico e sociologo Aldo Bonomi, in Valtellina. Si parlava dei nostri splendidi territori, ricchi di tradizioni e di cultura ma sempre più soggetti ad un processo di “spaesamento”: molti sono stati sradicati dal proprio paese e hanno dovuto abbandonare una professione che portavano avanti da sempre. Chi ancora oggi si ostina a svolgere queste attività tradizionali viene visto come strano, come se guardasse la vita a ritroso: questi per me sono gli spaesati. Non sono dei mostri, sono semplicemente persone che hanno continuato a vivere come un tempo, oppure giovani che hanno deciso di seguire la vecchia scuola e di intraprendere mestieri antichi. Spaesato descrive la situazione di qualcuno a cui è stato sottratto, a poco a poco, il proprio modus vivendi. Ho scritto il testo della canzone alle quattro di notte, di getto, perché in quel momento le immagini arrivavano molto nitide alla mia mente. Vedevo la condizione di queste persone come qualcosa che poteva essere raccontato, cantato, perché “spaesati”, in realtà, possiamo esserlo un po’ tutti.

Il progresso mette tutti nella condizione di semplificarsi la vita, ma c’è ancora questo popolo che sorveglia il faro spento, fatto di persone abituate a lavorare più con le mani che con la tecnologia. E queste persone, che siano tagliaboschi, artigiani, falegnami, costruttori, riparatori di mezzi, contadini o altro, sono coloro di cui avremmo ancora bisogno qualora dovessimo trovarci improvvisamente senza tecnologia. Uno “spaesato” con un cacciavite, un fil di ferro e una chiave inglese potrebbe riparare una macchina anche nel deserto.

 

  1. “Gli spaesati”, sono quindi coloro che reinvestono nella modernità, i loro riti lenti, i loro saperi, la loro manualità. Sonol’ultima frontiera tra il ricordo e il cambiamento, il popolo nascosto che sorveglia il faro spento e ancora nel suo testo leggiamo: “come fili sottili di un mondo che si scuce, siam l’orlo dello strappo che per adesso tace. Sembriamo senza tempo, sembriamo senza pace, ma chiamerete noi quando andrà via la luce. Noi, ascoltandola, abbiamo trovato molte analogie tra i suoi “spaesati” e i nostri artigiani. Noi li abbiamo visti quest’anno: sono stati irriducibili di fronte alle difficoltà crescenti, legati al loro saper fare, dignitosi e fieri, rispettosi dei tempi antichi, con uno sguardo al progresso imponente. “Gli spaesati” del suo singolo sono gli artigiani di oggi?

 Non è sbagliato associare gli artigiani agli spaesati. Quanti artigiani basano la qualità del proprio prodotto sull’ostinazione della lavorazione fatta in un certo modo, pur sposando una certa modernità tecnologica? Il vecchio artigiano, o comunque l’artigiano di grande esperienza, lotterà sempre per riuscire a creare il proprio prodotto nel migliore dei modi con una ritualità tradizionale e con attrezzi che ad un estraneo potrebbero sembrare ormai sorpassati. Questo tipo di qualità è quella che le persone ricercano ancora, basti pensare a quanto conta ancora oggi il “fatto a mano”. Questi artigiani sono i guardiani di una memoria, di un ricordo, e per noi in un certo senso è una sicurezza sapere che sono ancora lì e sono in grado svolgere il loro lavoro come si faceva una volta.

 

  1. Davide, il testo parla anche di forza, di resistenza, di attaccamento identitario ai luoghi e alla comunità. `Noi ci siamo ancora`, è il grido degli `spaesati`, `non siamo ancora partiti` e noi di Confartigianato Como sappiamo bene quanto, a volte, sia difficile per i piccoli artigiani restare, sopravvivere, differenziarsi grazie al proprio valore artigiano. In un reale così omologato e veloce, si perde l’autenticità?

Benché sia difficile a volte sopravvivere dentro questa tempesta sul filo del progresso, del cambiamento, lo spirito degli spaesati, così come degli artigiani, è quello di sottolineare che ci sono ancora, che vogliono rimanere al loro posto, che vogliono fare la differenza. Il cambiamento è necessario, nessuno lo rifiuta e certamente migliora la vita, ma allo stesso tempo è anche un terremoto che a volte fa sì che si perdano cose che andrebbero trattenute. Gli spaesati sono affezionati alla loro identità, ai loro luoghi, ai loro modi, a quelle radici profonde che mantengono l’albero della tradizione ancora ben piantato a terra.

 

  1. Abbiamo un po’ perduto tutti il senso dell’autentico e di quella comunità che ora rimpiangiamo, quella raccontata nella sua “Gli spaesati”. E lei Davide, che si contraddistingue per essere un cantautore votato all’originalità, come riesce, con la sua narrazione, a restare così autentico e profondo?

Il mio sforzo cantautorale è quello di narrare storie che non scadono, storie che riguardano persone, emozioni. Ho sempre cercato di scrivere dei testi che potessero avere significati personali ma anche universali, che potessero adattarsi alle persone di tutto il mondo. Io non sono un contadino, non sono un pescatore, non sono un artigiano, ma do voce a questi spaesati usando la prima persona plurale nella canzone, proprio come se fossi uno di loro. Ho vissuto per tanto tempo in mezzo a loro, e ciononostante non sono in grado di fare ciò che fanno loro: è stato molto interessante vederlo dal vivo anche durante le riprese del videoclip.

 

  1. Ora parliamo di futuro: il suo nuovo disco “Maader Folk” esce il prossimo 17 settembre. E’ partito anche il suo tour, che ha visto la sua prima data proprio a Como. Quali sono i prossimi passi e le date del suo imminente tour?

Maader Folk sarebbe dovuto uscire lo scorso anno, ma sono contento di annunciare che verrà pubblicato il 17 settembre per BMG/MyNina. Il tour con i De Sfroos è partito il 10 luglio da Como, sarà un timido ma molto sentito ritorno al palco. Speriamo che le date, durante quest’estate, ci facciano tornare forte la sensazione di musica dal vivo, sia sul palco che giù dal palco.

 

  1. Davide, che consiglio si sente di dare agli artigiani di oggi?

Non so se mi posso nemmeno permettere perché credo che gli artigiani sappiano esattamente quello che devono fare e quello che vogliono fare. L’unica cosa che posso dire è che auguro loro di riuscire a rimanere in equilibrio tra tradizione e cambiamento senza cadere, di riuscire a garantire la tradizione e la qualità che ci contraddistinguono, qui in Lombardia, senza snobbare le possibilità che il progresso ci offre e senza svendersi, perdendo quell’autenticità che è il loro punto di forza.

 


A cura di Ylenia Galluzzo